“La marcia da Terrasini a Cinisi per ricordare Peppino Impastato”, intervento di Carmelo Sciascia

Dal balcone di casa Impastato

Con i primi caldi estivi cominciano i primi viaggi. Si sa che in primavera, uscendo dagli Inferi, Proserpina abbandona Plutone e ritorna dalla madre Demetra, secondo un divino accordo stipulato per mantenere l’equilibrio delle stagioni. Quest’anno assecondando anch’io questa consuetudine mi sono ritrovato in Sicilia. Casualmente a seguire il giro d’Italia: il giorno nove del mese di maggio il Giro iniziava ad Agrigento per giungere a Santa Ninfa nel cuore della Valle del Belice. Ma il mio scopo era giungere in altri luoghi, tant’è che finalmente dopo Sciacca, nella diramazione di Menfi, lasciata al suo destino la carovana ciclistica, si imboccava quell’arteria che virando a nord,  conduce a Terrasini, la parte ad est del golfo di Castellamare: nel  promontorio opposto dello stesso Golfo si trova San Vito lo capo.

Terrasini, Corso Vittorio Emanuele al numero 108 una targa formata da quattro mattoni in terracotta così recita: “Radio Aut – 98.800 Mhz – Giornale di controinformazione 1977-1980 – da questa sede PEPPINO IMPASTATO ha animato la lotta alla mafia”.

In realtà la voce di Peppino non poté essere ascoltata fino alla data della chiusura di Radio Aut, perché venne violentemente zittita la notte dall’otto al nove di due anni prima: la notte in cui venne massacrato.

Coincidenza volle che quello stesso giorno a Roma un’altra via divenisse tristemente famosa: via Caetani. Fu infatti in quella via che venne ritrovato nel bagagliaio di una Renault rossa il corpo di Aldo Moro. Dopo quaranta’anni quell’auto è tornata nella stessa via per il programma televisivo: “55 giorni. L’Italia senza Moro”, dove Luca Zingaretti ha letto l’ultima lettera dell’Onorevole Moro, il nove maggio di questo duemiladiciotto. Due cadaveri, di cui uno eccellente, l’altro sconosciuto ai più. La figura di Peppino Impastato sarà nota al grande pubblico solo dopo il film di Marco Tullio Giordana “I cento passi”. Non solo la coincidenza del giorno della morte legherà Moro e Peppino Impastato,  sono stati legati da un (misterioso ?) “fil rouge”, costituito dal modo in cui si sono mossi gli investigatori: il depistaggio!

Ad anni di distanza abbiamo saputo che mandante ed esecutore del delitto Impastato è stata la mafia, in primis quel Gaetano Badalamenti, parente dello stesso Peppino, la cui abitazione, a cento passi di distanza da quella degli Impastato, oggi come bene confiscato alla mafia è diventata una bellissima biblioteca pubblica.  Abbiamo saputo invece prontamente che ad uccidere materialmente Moro sono state le Brigate Rosse, ma istintivamente avvertiamo che “qualcosa non quadra”. C’è una verità sospetta, sottintesa, sottaciuta, mai declamata: “c’est un affaire”; diversamente non sarebbe un mistero italiano!

Ecco la differenza, ma nello stesso tempo la concordanza tra i due assassinii. C’è sempre dietro tutti i delitti politici (qualche volta anche dietro quelli di delinquenza comune), un livello cui difficilmente si riesce ad arrivare: possiamo definirlo  in mille modi ma il regista della tela di ragno, la mente, il  terzo (o quarto) livello, rimane quasi sempre inaccessibile. Irraggiungibile, rimane spesso impunito. Dicevo di Terrasini e di Radio Aut, perché da lì partiva giorno nove di questo mese di maggio il corteo per ricordare l’assassinio di Peppino Impastato. Il giornalista lo si può fare da una qualsiasi consolle computerizzata, oggi in rete trovi tutti i dati e le notizie necessarie a confezionare un pezzo su qualsiasi evento. Dare notizie, comunicare un evento, è impossibile se non lo si vive di persona, nei luoghi bisogna andare o esserci stati. Non si può fare il critico d’arte guardando delle semplici stampe. Bisogna vedere l’opera originale, la riproduzione è un semplice sussidio conseguente (o antecedente), un aiuto a mantenere vivo il ricordo (o stimolare la conoscenza). Così nel fare cronaca. Bisogna andare nei luoghi degli eventi, della memoria, nei luoghi delle stragi di Stato a cominciare da Piazza Fontana…

È marciare in corteo da Terrasini a Cinisi, vuol dire ripercorrere le strade che percorreva Peppino, renderci compartecipi della sua storia personale, della sua lotta politica ad un sistema sociale mafioso, a quella connivenza che continua ancora oggi: mancanza di denuncia e corruzione, i pilastri portanti.  La casa della famiglia Impastato, in Corso Umberto I, civico 220 a Cinisi, è diventata “La Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato”. Sì, Felicia, una madre che non si è mai arresa nel volere la verità sulla morte del figlio, quella verità che è arrivata “solo” 24 anni dopo l’assassinio, con la condanna di Gaetano Badalamenti, boss di Cinisi. Ecco perché non bisogna smettere di chiederla la verità. Mai. Come per la morte di un altro giovane, avvenuta nel 2016 in altri contesti, in altri luoghi, con modalità comunque sempre violente e misteriose. Bisogna continuare a chiedere, a volere fermamente, a gridare: Verità per la morte di Giulio Regeni. Perché come ha detto Giovanni Impastato nel discorso conclusivo la marcia, bisogna finalmente capire che i diritti non sono individuali ma collettivi. E quindi la lotta per ottenerli non può che essere comune. Dobbiamo farla assieme, tutti. 

Nella marcia dei quattro chilometri da Terrasini a Cinisi, dove erano presenti tanti testimoni di quel tempo, tantissimi giovani provenienti da scuole d’ogni parte d’Italia, uomini come don Ciotti e donne come Susanna Camusso, il sindaco di Palermo Leoluca Orlando, come tantissimi sindaci di altri Comuni siciliani, un editore come Ottavio Navarra ideatore ed organizzatore di una marina di libri,  personalità singolari come Ascanio Celestini ed un amico come Pippo, posso dire: c’ero anch’io!

Anch’io per camminare e contare insieme, come ci suggeriscono i Modena City Ramblers:

Era la notte buia dello Stato Italiano, quella del nove maggio settantotto..
La notte di via Caetani, del corpo di Aldo Moro, l’alba dei funerali di uno stato..
“Allora dimmi se tu sai contare, dimmi se sai anche camminare, contare, camminare insieme a cantare
la storia di Peppino e degli amici siciliani”..
Allora.. 1,2,3,4,5,10,100 passi!..1,2,3,4,5,10,100 passi!

 

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.