Sono diverse le riflessioni che nascono a margine della mostra “Il Regime dell’Arte-Premio Cremona 1939-1941” in corso al Museo Civico Ala Ponzone della città delle tre T (Torrone, Torri e Tette salvo che qualcuno sostituisce la terza T con Tognazzi). Il primo interrogativo riguarda il fatto se l’arte possa essere condizionata dalla politica o se, n questo caso, debba essere sminuita. L’arte può essere rappresentativa di un momento storico e sociale e pertanto raccontare l’essere di un popolo e la politica non è altro che rappresentazione del sentire di un popolo o della sua parte maggioritaria. Quindi, nulla da dire ed anzi la visita alla mostra diventa eccellente occasione per conoscere emozioni e valori di quell’epoca (per fortuna) lontana e superata.
Agghiacciante, ad esempio, l’opera di Angelo De Bernardi con l’intera famiglia che saluta l’eroico padre/marito/figlio che sale sul treno, destinazione centro di arruolamento e partenza suo malgrado (forse) per la Russia dove troverà una morte silenziosa e ingloriosa insieme ad altri 100mila giovani italiani sulle rive del Don.
Interessante del resto i diversi riferimenti, nei dipinti a suo tempo selezionati e ammessi al concorso, al valore della famiglia per il Regime: popolazione e Regime dovevano essere uniti per portare a compimento la rivoluzione fascista, anche tramite la generazione di figli destinati a diventare soldati per il fronte o le colonie.
Nel 1925, si ricorda, viene costituito l’ONMI, Opera Nazionale Maternità e Infanzia con lo scopo di ridurre la mortalità infantile. Promosse l’allattamento al seno, istruì all’utilizzo del latte in polvere, di detergenti e cibi per infanti ottenendo un netto miglioramento delle condizioni generali di salute dei neonati. Provvedimenti che volevano modificare radicalmente la cultura degli italiani: doveva dissolversi la distinzione tra la sfera pubblica e la sfera privata, la famiglia doveva diventare un’istituzione statale sociale e politica, la riproduzione un dovere verso lo stato, la mancata riproduzione un reato. Insomma, siamo in piena sintonia con l’obbiettivo (propagandistico) proclamato da Mussolini degli 8 milioni di baionette nelle mani di altrettanti giovani soldati da mandare a morire inutilmente in Grecia, in Albania, in Libia, in Egitto, in Etiopia, sul fronte francese, in Russia.