Il premio Cremona si svolse per tre anni su iniziativa di Roberto Farinacci e la seconda edizione nel 1940, su indicazione dello stesso Mussolini, fu dedicata alla celebrazione della ‘battaglia del grano‘, denominazione che il regime fascista attribuiva a una serie d’iniziative, propagandistiche e di politica economica, volte all’incremento della produzione di grano sul territorio nazionale.
Nel 1925 l’Italia, che consumava 77 milioni di quintali di grano, ne importava circa 25 milioni, con una spesa di 4 miliardi di lire, pari alla metà del deficit della bilancia commerciale. Di fronte a questa situazione il 4 luglio 1925 Mussolini avvia una campagna propagandistica per la creazione di un “Comitato permanente del grano”: è la prima iniziativa di una serie di azioni di politica autarchica, rinvigorite, poi, nella seconda metà degli anni Trenta. Nell’iniziativa sono mobilitati, oltre il Partito Fascista, giornali, scuole, tecnici e anche il clero.
Mussolini creatore e promotore di slogan, che oggi ci appaiono ridicoli ma che ebbero presa enorme, univa la retorica guerriera («è l’aratro che traccia il solco, ma è la spada che lo difende») a quella agraria («più profondo il solco, più alto il destino») e va ricordata l’immagine del Duce a torso nudo su una trebbiatrice mentre passa un covone di grano a una contadina di un podere appena bonificato a Borgo Pasubio nell’Agro Pontino.
La modernizzazione ebbe risultati notevoli nelle aree del Paese già avanzate, come la pianura padana e si saldò alla bonifica delle terre nelle aree sottratte alla palude, come la Maremma e l’Agro Pontino. A parte i successi nel tavoliere delle Puglie nel Sud invece i risultati furono più deludenti. Ma comunque nel 1931 l’obiettivo dell’autosufficienza, con 81 milioni di quintali, venne raggiunto.
Nel complesso tuttavia è da considerarsi un’iniziativa poco fruttuosa per il fabbisogno alimentare. Le misure protezionistiche, con l’applicazione di un altissimo dazio doganale, arrivano a raddoppiare il prezzo del grano rispetto alle quotazioni del mercato internazionale. Sono incentivate le coltivazione di terreni scarsamente produttivi, aumentando i costi di produzione. Inoltre capita spesso che, per aderire all’iniziativa, vengano abbandonate colture più redditizie. L’attuazione del progetto si trasforma in un deterrente per sperimentazione e ricerca di tecniche agricole innovative. In particolare si riscontra una diminuzione sensibile della produzione di carne e latticini.
Risulta infine impoverita la dieta degli italiani, con l’insistenza sulla produzione di frumento a scapito, per esempio, di colture ritenute «vili» come i broccoli, il farro, le lenticchie, le rape.
Molti italiani comunque, con l’eccezione come si diceva del Sud, risposero con entusiasmo agli inviti del regime e le opere presentate all’edizione 1940 al Premio Cremona ne sono straordinaria e talvolta entusiasmante testimonianza con appunto la possibilità di ammirarle fino al 24 febbraio al museo civico Ala Ponzone nel contesto della mostra “Il Regime dell’Arte” comprendendo, oltre a quelle esposte, altre opere all’epoca presentate ma riprodotte esclusivamente nel catalogo.