Questa risulta l’ottava ‘uscita’ con “Il soffio del vento” a parlare di nucleare ed ogni volta, ad ogni incontro, si approfondisce, si colgono aspetti nuovi che sfuggono ai più, notizie trattate e diffuse con grande circospezione restando spesso nella nebbia delle troppe informazioni (inutili) che ad ogni minuto, in ogni giorno, ascoltiamo.
Di pochi giorni fa la ‘celebrazione’ del disastro della centrale nucleare di Fukushima-Daiichi dell’11 marzo 2011. Sono notizie terribili. La società proprietaria riconosce livelli di radioattività che potrebbero uccidere un essere vivente in pochi minuti e anche i robot inviati sia per esplorazione che per interventi non riescono a raggiungere le zone nelle quali la radioattività raggiunge livelli altissimi. Nella migliore delle ipotesi dopo un’ora di esposizione smettono di funzionare.
I lavori di bonifica delle scorie sicuramente non cominceranno prima del 2021 per concludersi dopo almeno 40-50 anni, e i costi lievitano, fino alla cifra di 170 miliardi di euro. Tre anni fa le stime parlavano della metà.
Furono 160mila le persone evacuate e ancora oggi sono molto poche le persone e i tecnici disposti a lavorare in zona esponendosi ai rischi di contaminazione per cui proseguono estremamente a rilento i lavori di bonifica compresi i lavori di impermeabilizzazione dei terreni collinari per evitare che l’acqua entrando nei reattori venga poi scaricata nell’oceano. Non resta che ribadire: vale la pena, correre rischi di questo tipo?
Attualmente l’energia nucleare che acquistiamo dalla Francia, dalla Svizzera, dalla Slovenia, rappresenta l’1,5% del nostro fabbisogno elettrico. Uno sviluppo dell’energia solare (attualmente l’8% del fabbisogno) per esempio realizzando impianti per ogni nuovo edificio pubblico costruito (come per esempio il costruendo ospedale nuovo di Fiorenzuola d’Arda) ci permetterebbe di raggiungere la totale indipendenza dal nucleare. Perché non provarci?