“Il delitto del conte Neville”, romanzo di Amélie Nothomb, Voland editore

Leggere Amélie Nothomb è sempre una sorpresa appassionante: riesce a trasportare il lettore in un mondo surreale dove tuttavia l’immaginario (impossibile) diventa reale. Che dire di questo signor Conte, aristocratico belga decaduto, costretto a vendere il castello degli avi, che organizza una lussuosissima festa d’addio per quel mondo dorato e decadente che un tempo dominava e definiva i nostri destini? In realtà poco da dire, si tratta di un mondo che possiamo osservare dall’esterno, leggere con il distacco di quella borghesia che ne ha eroso il potere sostituendosi alla dorata nobiltà. Insomma, niente di speciale. Senonchè qualche giorno prima della grande festa la figlia minore, Sérieuse, quella meno bella, meno interessante, decide di fuggire di casa e si rifugia nella foresta. Dove, morente di freddo, viene trovata da una misteriosa chiaroveggente che chiama il padre affinché la riporti a casa. Ma fin qui ancora nulla di straordinario. Se non fosse che la stessa chiaroveggente fa una clamorosa e spaventosa profezia: il Conte Neville, nel corso del ricevimento, ucciderà un invitato. E, diciamo la verità. Ancora fin qui nulla da dire di fronte a tale sciocchezzuola. Purtroppo invece Neville ci crede, si convince, inizia la ricerca del modo per sfuggire alle tragiche parole. Un romanzo breve, 93 pagine, che tuttavia si legge d’un fiato per la grande intensità, la partecipazione emotiva, la sorpresa nel trovarsi di fronte a continue situazioni al limite dell’incredibile fino alla sorprendente conclusione tra i clamori di un ricevimento che la nobiltà belga sicuramente ricorderà per lungo tempo.

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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