Una storia partigiana. 1944, Genova. Vittoria Barabino, giovane maestra, decide di sfollare con la figlia tra le colline per evitare i continui bombardamenti, mentre resta in città il marito. Troverà un contatto con una banda partigiana e, con la scusa di tornare periodicamente dal marito, diventa staffetta porta messaggi. Ma non solo: riesce ad evitare una rappresaglia nazifascista, un attentato contro un treno carico di passeggeri e, a quanto pare, un carico d’armi destinato ai partigiani. Un gesto eroico capace di salvare la vita a decine di ignari passeggeri, un gesto che, diciassette anni dopo, a Sestri Ponente, durante una celebrazione il vescovo riporta alla memoria elogiando pubblicamente Vittoria. E qui iniziano i guai: qualcuno non gradisce che quei fatti tornino alla luce, che Vittoria possa ricordare, rivelare che nella banda partigiana si nascondeva un traditore, un infiltrato che appunto aveva ‘passato’ la notizia del carico d’armi ai nazisti. La verità però è che Vittoria ignora chi fosse quell’infiltrato, non sa come difendersi e, a questo punto, riecco le simpatiche signorine Devoto, già protagoniste di un romanzo loro proprio (“I garbati maneggi delle signorine Devoto“), che indagano, osservano, deducono. Un romanzo insomma dal tratto leggero, che si legge con facilità e gradevolezza.