Henri Toulouse Lautrec, bohémienne, cantore dei cabaret, dei café-chantants, dei bordelli di Montmartre, in mostra a Milano fino al 18 febbraio

Henri Toulouse-Lautrec, Il bacio

Sfortunato, il giovane Toulouse Lautrec del quale fino al 18 febbraio possiamo ammirare il percorso artistico a Palazzo Reale, Milano. Figlio del conte Alphonse-Charles-Marie de Toulouse-Lautrec-Montfa e della contessa Adèle-Zoë-Marie-Marquette Tapié de Céleyran, primi cugini (usava nella nobiltà, unirsi in matrimonio tra consanguinei per “mantenere la purezza del sangue blu”), di censo risalente ai tempi di Carlo Magno.

Henri Toulouse LLautrec, donna seduta su un divano

Questo matrimonio tra consanguinei, però, fu catastrofico. Per le incompatibilità caratteriali presenti tra i due coniugi (esibizionista ed insaziabile dongiovanni il padre che amava consacrarsi all’ozio e ai passatempi dei ricchi, frequentando l’alta società e seguendo la caccia e l’ippica; di converso la madre pia, riservata e amorevole, ma anche bigotta, isterica, possessiva, moralista e ipocondriaca). Ma anche perché comportò gravissime conseguenze nel patrimonio genetico del figlio.

Henri Toulouse Lautrec, Suzanne Valadon

La sua fragile salute iniziò infatti a deteriorarsi in maniera allarmante: quando compì dieci anni, poi, si scoprì che soffriva di una deformazione ossea congenita che gli procurava fortissimi dolori. Nel 1878, ad Albi, nel salone della casa natale, Henri cadde sul parquet mal incerato e si ruppe il femore sinistro; l’anno successivo, durante un soggiorno a Barèges, mentre aveva ancora l’apparecchio ortopedico alla gamba sinistra, cadendo in un fossato si ruppe l’altra gamba. Queste fratture non guarirono mai e gli impedirono un armonioso sviluppo scheletrico: le sue gambe smisero infatti di crescere, così che da adulto, pur non essendo affetto da vero nanismo, rimase alto solo 1,52 m, avendo sviluppato un busto normale ma mantenendo le gambe di un bambino.

Henri Toulouse Lautrec, La passeggera della 54

Nel gennaio del 1884 Toulouse-Lautrec fondò un proprio atelier a Montmartre. Una scelta assai significativa: non scelse un quartiere che si confacesse alle sue origini aristocratiche, preferì un sobborgo vivace, colorito, ricco di cabaret, di café-chantants, di case di tolleranza e di locali di dubbia fama, quale era Montmartre. I genitori furono scandalizzati dalle preferenze di Henri: la madre, infatti, mal tollerava che il suo primogenito risiedesse in un quartiere che riteneva moralmente discutibile, mentre il padre temeva che in tal modo si sarebbe potuto infangare il buon nome della famiglia, e perciò impose al figlio di firmare le sue prime opere con pseudonimi (come Tréclau, anagramma di «Lautrec»).

Henri Toulouse Lautrec, Yvette Guilbert canta

A Montmartre in breve, come temevano i genitori, si diede a un’esistenza sregolata e anticonformista, squisitamente bohémienne, frequentando assiduamente locali come il Moulin de la Galette, il Café du Rat-Mort, il Moulin Rouge e traendo da essi la linfa vitale che animò le sue opere d’arte. Invero non disdegnò affatto la compagnia di intellettuali e artisti, e le sue simpatie nei confronti della consorteria dei dandies sono ben note. Tuttavia, preferì porsi dalla parte dei diseredati, delle vittime: pur essendo di matrice aristocratica, infatti, egli stesso si sentiva un escluso, e ciò certamente alimentò il suo affetto per le prostitute, per i cantanti sfruttati e per le modelle che bazzicavano intorno a Montmartre. Il suo corpo grottescamente deforme non costituiva poi impedimento a dongiovannesche avventure: infuocatissima fu la relazione sentimentale che lo legò con Suzanne Valadon, un’ex acrobata circense che dopo un incidente decise di cimentarsi coi pennelli. La loro storia d’amore finì poi burrascosamente e la Valadon tentò persino il suicidio nella speranza di farsi sposare dall’artista di Montmartre, che alla fine la ripudiò.

Henri Toulouse Lautrec, Ambassadeurs, Aristide Bruant

Dal punto di vista artistico, fu importantissima l’amicizia con Aristide Bruant, un chensonnier che fece fortuna con battute salaci ed irriverenti rivolte al pubblico  Nel 1885 il Bruant accettò di cantare al Les Ambassadeurs, uno dei caffè-concerto più rinomati degli Champs-Élysées, se e solo se il proprietario fosse stato disposto a pubblicizzare il suo evento con un manifesto appositamente disegnato dall’artista. Ancora più clamoroso, poi, fu il manifesto che nel 1891 realizzò per il Moulin Rouge, grazie al quale sia lui che il locale divennero famosi di colpo. Da quell’anno in poi capolavori destinati a divenire illustri si seguirono a ritmi sempre più incalzanti.

Henri Toulouse Lautrec, Jane Avril

Ben presto, tuttavia, scoccò per Toulouse-Lautrec l’ora del crepuscolo umano e artistico. Lo stile di vita sregolato comportò conseguenze funeste per la sua salute: prima ancora di compiere trent’anni, infatti, la sua costituzione era minata dalla sifilide, contratta nei bordelli parigini (dove ormai era di casa), e soprattutto dall’alcolismo.

Toulouse Lautrec, Moulin Rouge, La Goulue

Istigato dall’assidua frequentazione dei locali di Montmartre, dove l’alcol veniva servito fino all’alba, Toulouse-Lautrec iniziò a bere senza alcun freno, compiaciuto di gustare la vertigine del deragliamento dei sensi: fra le bevande che più consumava vi era l’assenzio, distillato dalle disastrose qualità tossiche.

Henri Toulouse Lautrec, Caudieux

Già nel 1897 la dipendenza dagli alcolici aveva preso il sopravvento: allo «gnomo familiare e benevolo» subentrò un uomo spesso ubriaco fradicio, odioso e irascibile, tormentato da allucinazioni, accessi di estrema aggressività (spesso veniva alle mani, e una volta fu pure arrestato) ed atroci fantasie paranoidi. Il ronzio delle mosche lo esasperava, dormiva col bastone da passeggio sul letto, pronto a difendersi da possibili aggressori, una volta sparò con un fucile a un ragno sul muro.

Henri Toulouse Lautrec, La loge au Mascaron Doré

Logorato e invecchiato, fu costretto a sospendere la sua attività artistica, con la sua salute che degenerò nel marzo del 1899 con un violentissimo accesso di delirium tremens. In seguito all’ennesima crisi etilica, su consiglio degli amici, si fece ricoverare nella clinica per malattie mentali del dottor Sémelaigne a Neuilly. Henri, per dimostrare al mondo e ai medici di essere completamente in possesso delle sue facoltà mentali e lavorative, si immerse completamente nel disegno così dopo soli tre mesi di degenza, alla fine, fu dimesso.

Henri Toulouse Lautrec, Al Salon di rue des Moulins

In realtà, non si liberò mai della tirannia degli alcolici e, anzi, le dimissioni dalla clinica segnarono solo l’inizio della fine. Disperato per la sua decadenza fisica e morale, nel 1890 per ristabilirsi in salute si trasferì prima da Albi, e poi a Le Crotoy, Le Havre, Bordeaux, Taussat, e ancora a Malromé, dove tentò di produrre nuovi dipinti. Ma le sue energie creative si erano ormai esaurite da tempo, così come la sua gioia di vivere, e anche la sua produzione iniziò a palesare una notevole caduta di qualità. Una volta tornato a Parigi, dove le sue opere stavano avendo un successo strepitoso, tornò ad assumere sregolatamente alcolici e, si pensa, anche oppio.

Henri Toulouse Lautrec, Rue des Moulins. La visita medica

Nel 1900 sopravvenne un’improvvisa paralisi alle gambe, che fu fortunatamente domata ma ormai la sua salute era compromessa.  Nell’aprile 1901, infatti, fece testamento e si trasferì definitivamente dalla madre a Malromé, nel castello di famiglia, dove trascorse, tra l’inerzia e il dolore, gli ultimi giorni della sua vita. Il suo destino era segnato: per il dolore non riusciva a mangiare. Henri-Marie-Raymond de Toulouse-Lautrec-Montfa, ultimo erede della gloriosa famiglia nobile sin dai tempi di Carlo Magno, si spense alla fine alle ore 2:15 del 9 settembre 1901. Aveva trentasei anni.

Henri Toulouse Lautrec, Rolande

 

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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