Luigi Miradori, nato a Genova nel 1605 circa, fu profondamente ispirato dai tanti artisti che lavoravano per il santuario di Santa Maria di Campagna e per questo, in occasione dell’iniziativa promossa dalla Banca di Piacenza con la salita alla cupola del santuario piacentino con la possibilità di ammirare letteralmente ad un palmo dal naso i dipinti del Pordenone, contemporaneamente e con lo stesso biglietto è possibile visitare a Palazzo Galli una mostra con le opere del Genovesino.
In tutta franchezza l’arte del ‘600 non mi ha mai interessato più di tanto. A parte la tecnica il riferimento quasi esclusivamente religioso di regola mi allontana dalle mostre dedicate al periodo ma, lo devo riconoscere, una visita a Palazzo Galli vale la pena e in particolare mi ha convinto la stupenda ‘ suonatrice di violino’.
Una curiosità: l’artista fu a Piacenza dal 1632 al 1636 cirva, dove tra l’altro nacquero tre suoi figli. Molto scarsa invece la fortuna artistica tanto da spingerlo a supplicare, con una lettera indirizzata alla contessa Margherita de’ Medici e riprodotta in mostra di “poter levarsi da questa città con le sue poche robbe [e] andare in altre parti a procacciarsi la sua ventura”. Concessa la ‘liberatoria’, dopo qualche anno approda a Cremona dove rggiunge il riconoscimento di Maestro d’arte e, a quel punto, sono diverse le opere ispirate dall’esperienza piacentina, spesso commissionate proprio dai nobili della città emiliana. Da qui il titolo della mostra che specifica “Genovesino E Piacenza” sostituendo appunto la A con la E.