“Fernando Botero” con le sue opere dell’abbondanza, riflessioni alla mostra in corso a Verona

Fernando Botero Angulo, nato a Medellin in Columbia, uno stile originalissimo che lo rende se non proprio inviso quantomeno guardato con sufficienza da molti critici. I suoi personaggi? “Semplicistiche caricature di figure in carne“, sostiene Charmaine Picard.

Ma perché appunto i suoi personaggi sono sempre grassi? Attenzione. Tutto nei suoi dipinti è voluminoso: la banana, le arance, la lampadina, la palma, gli animali e, ovviamente, gli uomini e le donne. Botero usa la trasformazione o la deformazione come simbolo della trasformazione della realtà in arte. La sua creatività e il suo ideale estetico sono basati sulla forma e sul volume, per lui la deformazione deriva sempre dal desiderio di incrementare la sensualità dei suoi dipinti.

Dalle forme abbondanti dei suoi soggetti deriva, secondo l’artista, piacere, esaltazione della vita, perché l’abbondanza comunica positività, vitalità, energia, desiderio: sensualità, intesa come espressione di piacere. Insomma, ‘grasso, abbondante, è bello‘. Si tratta del resto di una concezione ancestrale, per la quale bellezza e abbondanza sono concetti strettamente collegati (ancora oggi per molti sudamericani e non solo una bella donna è considerata tale in virtù delle sue forme generose). Concetti del resto che hanno avuto valore (o continuano ad averlo?) anche per noi italiani, soprattutto negli anni successivi alla guerra fino all’inizio del boom economico: un bambino o una bambina grassottelli erano orgoglio e vanto per la famiglia, superamento delle tribolazioni degli anni della fame e degli stenti.

Certo, come ci suggerisce (e ‘indirizza’) la mostra in corso a Verona, le sue opere subirebbero l’influsso della sua gioventù ‘parrocchiale’ per cui nella realtà deformata non intravedremmo tentativi di giudizi, che, secondo Botero, sarebbero di competenza di qualcuno più ‘alto’ e non di un semplice artista del pennello e della tela. Al più a Verona vediamo, con una punta di ironia, rappresentare il ‘peso’ di ciascuno nella dimensione e nell’altezza prospettica dei diversi personaggi. Il Presidente (potere politico), poco più alto del generale, il prelato in parziale secondo piano, ancora più bassini gli industriali, quasi nani i lavoratori, bassissima la segretaria donna, posta all’ultimo gradino della scala sociale.

E il lavoratori del circo? Colori sgargianti, pieni d’allegria ma i volti? Seri, tristi. Insomma, allora non basta alla fine l’abbondanza del corpo? Allora un maggior coraggio, una maggiore chiarezza nel messaggio e nella scelta di campo dell’artista non avrebbe deluso perché non di sola apparenza e superficialità, vive l’arte? Ma non sarebbero, quelli che abbiamo appena evidenziato, chiarissime ‘scelte di campo’, sostanziali denunce sociali?

Infatti, devo dire, forse la parziale delusione di fronte alle opinioni ascoltate dall’audioguida (compresa nel prezzo del biglietto) nasce dalla selezione dei quadri proposta dal curatore, una selezione piuttosto ‘equilibrata’, diciamo all’acqua di rosa, apparentemente opere che non disturbano, non criticano, mostrano la potenza e la forza dell’abbondanza senza mai ‘disturbare il manovratore‘.

Dunque vero che non siamo al livello dell’arte che denuncia apertamente, Botero non arriva dal Messico rivoluzionario ma a ben guardare a sua volta, con buona pace di certa critica, turba gli schemi. Con buona pace del voluto ‘buonismo’ della mostra di via Forti che, di fatto, si schiera con chi vorrebbe l’artista e la sua opera relegati (abbondanza delle forme a parte) nella nebbia dell’anonimato.

Ovviamente nulla vieta che la valutazione di ciascuno di fronte ad ogni opera esposta possa essere positiva o negativa, che si possa pensare che altre opere più significative meritavano l’esposizione ma tant’è: in realtà l’artista, critici o non critici, ‘parla molto chiaro‘ e comunque sia l’occasione non può essere persa. Quindi, alla fine, Verona val bene un viaggio per incontrare l’arte “dei grassi” e dell’ottantacinquenne Fernando Botero che festeggia i suoi 50 anni d’attività con le sue opere che comunque sia lo pongono ai più alti ed originali livelli della contemporaneità.

 

 

 

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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