Dal dialogo con Mario Calabresi, da“Sedie vuote. Gli anni di piombo dalla parte delle vittime”, Il Margine editore





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http://www.il-margine.it/index.php/it/i_libri/catalogo/sedie_vuote_gli_anni_di_piombo_dalla_parte_delle_vittime

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Luigi Calabresi, non proprio uno studente  modello, si laurea in giurisprudenza a 26 anni. Nel 1967 vince il concorso per vicecommissario di pubblica sicurezza e viene assegnato alla questura ddi Milano, ufficio politico. Nel 1968 diventa commissario capo e si trova anche a dirigere le cariche dei reparti della polizia durante gli scontri nel corso di manifestazioni di protesta per le vie milanesi. Il 25 aprile 1969 viene incaricato delle indagini relative agli  attentati con bombe avvenuti nel padiglione della Fiat alla Fiera Campionaria e alla Stazione Centrale, si tratta della prima indagine che lo espone alla stampa ed alla conoscenza della pubblica opinione. Calabresi svolge le indagini entro l’area anarchica e quindici persone della sinistra extraparlamentare vengono fermate ed arrestate. Saranno incarcerate per sette mesi ma alla fine liberate causa "mancanza di indizi". All’indomani dello scoppio della bomba alla Banca dell’Agricoltura in piazza Fontana, il 12 dicembre 1969, Calabresi viene incaricato delle indagini sugli attentatori. La prima pista battuta è quella di sinistra, come Calabresi dichiarò a La Stampa: "è in questo settore che noi dobbiamo puntare: estremismo, ma estremismo di sinistra […] sono i dissidenti di sinistra: anarchici, cinesi, operaisti". Nel corso delle prime indagini sulla strage l’anarchico Giuseppe Pinelli, convocato in questura, tenuto illegalmente in stato di fermo da più di due giorni per essere interrogato riguardo al suo alibi, precipitò alle 23.57 del 15 dicembre dalla finestra dell’ufficio del commissario, al quarto piano, dell’edificio della Questura di Milano. Le forze della sinistra italiana avanzarono il sospetto che Pinelli fosse stato gettato dalla finestra durante l’interrogatorio, ed accusarono il commissario di aver partecipato al fatto. Un peso rilevante nel determinare la situazione di odio montante nei confronti del commissario fu a carico del giornale della sinistra extraparlamentare Lotta Continua, dalle cui pagine con articoli e vignette venivano denunciate le supposte responsabilità di Calabresi, del questore Guida e degli altri uomini della questura milanese, per la morte di Giuseppe Pinelli. Calabresi fu assassinato alle 9.15 del 17 maggio 1972, davanti alla sua casa, mentre si avviava alla sua auto per andare in ufficio, da un commando di due sicari che gli spararono alle spalle. Lasciò la moglie Gemma Capra e due figli: Mario e Paolo, un terzo figlio (Luigi) nacque pochi mesi dopo la sua morte. Nel 1988 Leonardo Marino, uno dei killer, pentitosi, confessò di aver partecipato con Ovidio Bompressi all’assassinio del commissario, mandanti Giorgio Pietrostefani e Adriano Sofri, tutti in precedenza militanti di Lotta Continua. Leonardo Marino fu condannato a 11 anni di reclusione, Ovidio Bompressi, Giorgio Pietrostefani e Adriano Sofri a 22 anni di reclusione.

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Mario Calabresi, nato a Milano nel 1970, giornalista, ha pubblicato “Spingendo la notte più in là”, libro dedicato al padre e a tutte le vittime del terrorismo.

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“Nel libro tu non critichi la circostanza che i terroristi possano uscire di prigione e rifarsi una vita, ma dici che ti aspetteresti un po’ di pudore, la scelta di rimanere in disparte. Secondo te è un problema di sensibilità personale da parte di queste persone. Che ad esempio non dovrebbero accettare gli inviti in televisione, o pensi che ci dovrebbe essere magari una legge che in qualche modo limiti questa presenza pubblica?”

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No, credo poco nell’efficacia di una legge in questo senso. Ci sono già le leggi che prevedono la perdita dei diritti civili: Per  esempio, tanti ex terroristi non possono essere eletti in parlamento e dovrebbero fare richiesta al tribunale per godere nuovamente della totalità dei diritti civili. Semmai il problema è che ogni tanto a me sembra che una parte degli ex terroristi abbiano una certa smania di protagonismo e che manchino di rispetto e di pudore proprio perché non si fanno carico fino in fondo di ciò che hanno commesso. E’ un modo per rimanere sempre sulla cresta dell’onda, oggi come negli anni Settanta. Io credo però che non abbiano molte cose da insegnare. Hanno preteso di farlo trent’anni fa e hanno disseminato il Paese di disastri e non penso che oggi possano esser considerati maestri. Ciononostante non credo che dovrebbe esserci una legge che impone loro il silenzio. Ci vorrebbe un po’ di buon senso, di buon gusto, di pudore…

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Sedie vuote, gli anni di piombo dalla parte delle vittime”, giovani  studenti di  Trento in dialogo con  Mario Calabresi, Benedetta Tobagi, Silvia Giralucci, Manlio Milani, Giovanni Ricci, Alfredo Batoli, Agnese Moro, Giovanni Bachelet, Vittorio Bosio, Sabina Rossa

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A cura di Alberto Conci, Paolo Grigolli, Natalina Mosna

Il Margine editore

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Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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