I costi del nucleare, ne vale la pena? Il dibattito alla presentazione de “Il soffio del vento, da Chernobyl a Caorso trent’anni dopo” a Castell’Arquato

Quando si parla di produzione di energia nucleare sono sempre tantissimi gli spunti per affermare che ne possiamo fare a meno. A partire dei muri del silenzio che circondano l’argomento, specie quando ci sono problemi. Domenica, a Castell’Arquato, per esempio, a margine della presentazione de ‘Il soffio del vento, da Chernobyl a Caorso trent’anni dopo’, Pontegobbo edizioni, ci si è chiesto da dove provenisse la nube carica di rutenio 106 che nei primissimi giorni di ottobre è stata rilevata nei cieli del nord Italia, dell’Austria, della Germania, della Svizzera, della Francia. Probabilmente una fuga da qualche laboratorio sanitario con la Germania che ha puntato il dito contro la Russia ma come di consueto ha risponde il silenzio. Proprio come in quel lontano 1986: per giorni nessuna fonte ufficiale ha informato di quanto stava accadendo alla centrale V.I. Lenin nei pressi di Chernobyl, sulle sponde del Pripyat. Come ha raccontato alla platea Diana Lucia, bielorussa oggi adottata nel nostro paese dopo che la radioattività di quei giorni lontani si è presa il padre e la madre, “arrivarono uomini in elicottero avvolti in tute bianche con scafandro, iniziarono rilevamenti trovandosi fianco a fianco con gli agricoltori che nulla sapevano, ai quali nessuno aveva detto nulla”.

Castell’Arquato, 22 ottobre 2017, presentazione de ‘Il soffio del vento, da Chernobyl a Caorso trent’anni dopo’ di Claudio Arzani, Pontegobbo editore. Nella foto: Diana Lucia Medri e Valter Sironi (Presidente Associazione Terre Piacentine). Seduti Claudio Arzani e Dalila Ciavattini (lettora di brani e poesie dal libro.

Quanti sanno che quell’incidente non era il solo? Sono stati più di 130 gli incidenti riconosciuti diciamo gravi ovvero con morti o contaminazioni, tutti finiti nei trafiletti delle notizie in breve, almeno appunto fino a Chernobyl come del resto quanti sanno che il reattore n. 2 di Fukushima ancora oggi è sostanzialmente irraggiungibile: anche i robot meccanici dopo al massimo un’ora smettono di funzionare mentre il livello di radioattività continua ad aumentare. Perché sul finire dell’anno scorso ben 21 centrali nucleari francesi vennero fermate? Guarda caso un’esplosione alla centrale di Flamanville in Normandia ha generato non poca preoccupazione salvo verificare che era avvenuta in sala macchine dove non erano presenti elementi radioattivi e le cinque persone ferite non erano gravi. Insomma, meglio affidarci al calore del sole. Attualmente il nostro fabbisogno è coperto nella misura dell’8% utilizzando appunto l’energia solare e allora, questo l’invito espresso martedì, oltre ad ipotesi di realizzazione di piccoli impianti nelle abitazioni, ogni nuovo edificio pubblico (come il ricostruendo ospedale di Fiorenzuola) dovrebbe votarsi al fotovoltaico fatto che consentirebbe di abbandonare l’acquisto di energia nucleare dall’estero (già oggi limitato all’1,5% del fabbisogno soprattutto per le necessità notturne quando molte nostre vecchie centrali vengono ‘messe a riposo’).

Castell’Arquato, 22 ottobre 2017, presentazione de ‘Il soffio del vento, da Chernobyl a Caorso trent’anni dopo’ di Claudio Arzani, Pontegobbo editore. Nella foto: il pubblico in sala

In evidenza naturalmente anche la situazione dei ‘bambini di Chernobyl’ ovvero tutta la popolazione soprattutto della Bielorussia ma anche dell’Ucraina e della Russia dell’est: in un’area poverissima dove l’economia era ed è basata sul legno delle foreste e sull’agricoltura dove tutto continua ad essere inquinato e radioattivo (vietatissimo ad esempio il consumo dei funghi ma, come ha detto Diana, “dove c’è fame non si può scegliere, si mangia, costi quel che costi”) il rischio tumori è alto. L’Europa si è mobilitata immediatamente all’indomani del disastro avviando programmi di assistenza con periodi di accoglienza dei bambini di ieri e di oggi grazie ad associazioni presenti nei diversi territori (molte anche nella nostra provincia). Bambini che provengono da famiglie ma tanti anche da orfanotrofi, che hanno necessità sia di prevenzione sanitaria sia di supporto di solidarietà, di calore umano. Tristissimo il ricordo di Diana Lucia: “venivamo chiusi in una stanza buia per vedere se eravamo illuminati di verde”.

Castell’Arquato, 22 ottobre 2017, presentazione de ‘Il soffio del vento, da Chernobyl a Caorso trent’anni dopo’ di Claudio Arzani, Pontegobbo editore. Nella foto: Valter Sironi, Cinzia Paraboschi (Associazione Terre Piacentine), Claudio Arzani

Infine, sono enormi per il mondo intero i costi del nucleare: a parte i decessi, le cure dei tumori, le malformazioni, sono state proiettate le immagini di un viaggio nel 2008 a Pripyat, la citttà modello costruita per le famiglie dei lavoratori della centrale, con le migliaia di mezzi abbandonati dopo l’utilizzo per spegnere l’incendio e evacuare la popolazione ma soprattutto resta il costo del nuovo sarcofago ultimato a novembre con una spesa di circa 7 miliardi di euro pagata con le tasse dei cittadini di molti stati, noi compresi. Per tacere di quanto occorrerà spendere per dismettere Caorso, per intervenire il giorno che si potrà a Fukushima, per realizzare paese per paese siti dove stoccare le scorie radioattive.

Dunque, ne vale la pena?

Castell’Arquato, 22 ottobre 2017, presentazione de ‘Il soffio del vento, da Chernobyl a Caorso trent’anni dopo’ di Claudio Arzani, Pontegobbo editore. Nella foto: l’intervento dell’assessore alla cultura Tiziana Meneghelli e Diana Lucia Medri, nata in Bielorussia a poca distanza da Pripyat e da Chernobyl

 

 

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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