Cosa sono cento anni?
Nulla nella scia del Tempo
eppure ci sta Caporetto
su quel gradino di morti.
E’ memoria indelebile
nella Storia d’Italia
con i lutti e i veleni
sulla tragica rotta.
Ah, gli errori dei capi
e le colpe dei soldati!
Caporetto ora torna
perché vuole ricordo
il dolore di allora.
All’alba del 24 ottobre 1917 Luigi Cadorna, nella sede del Comando Supremo di Udine, venne informato del pesante bombardamento sulla linea Plezzo-Tolmino. Fedele alle sue convinzioni, il generale la ritenne una simulazione per distogliere l’attenzione dal fronte carsico.
Alle 12 della stessa giornata i ponti sull’Isonzio vennero fatti saltare condannando centinaia di ufficiali e migliaia di soldati all’isolamento sulla riva sinistra dell’Isonzo, all’accerchiamento e alla disfatta da parte delle truppe austrogermaniche.
Infatti alle 12 del 26 ottobre 1917 la montagna venne conquistata dai tedeschi. In due soli giorni avevano percorso 18 chilometri catturando 150 ufficiali, 9mila soldati e perdendo appena 39 uomini.
Poche ore dopo a Roma iniziarono a circolare le notizie di quanto stava succedendo nell’Alto Isonzo. La Seconda Armata venne totalmente abbandonata dai propri ufficiali e migliaia di soldati si diressero senza alcun ordine verso la pianura friulana. Molti gettarono con sollievo le armi convinti che la guerra fosse terminata. Contemporaneamente, nelle strade riempite dai militari in rotta, si aggiunsero i primi civili friulani, costretti ad abbandonare le proprie case dall’avanzata austro-germanica.
Cadorna cercò di nascondere la verità al Paese con dei bollettini ottimistici ma ormai era chiaro: l’azione compiuta tra Plezzo e Tolmino da parte degli austro-germanici aveva portato ad una disfatta del fronte italiano. Gli stessi vertici, nonostante le palesi mancanze ed errori, si gettarono in una “corsa convulsa a scrollarsi di dosso ogni responsabilità e mantenere così intatti il prestigio e l’onorabilità”. Due giorni dopo venne diffuso in tutta Italia un nuovo bollettino, sempre firmato da Cadorna: “La mancata resistenza di reparti della Seconda Armata, vilmente ritiratisi senza combattere o ignominiosamente arresisi al nemico, ha permesso alle forze armate austro-germaniche di rompere la nostra ala sinistra sulla fronte giulia”. Queste gravi accuse segnarono definitivamente la fine della sua carriera ai vertici dell’esercito italiano.