“Amici per paura”, romanzo di Ferruccio Parazzoli, Società Editrice Milanese

I nostri soldati combattevano. Vincevano. Perché i nostri soldati non potevano che vincere, lo ripeteva continuamente la radio. Contro gli altri. Gli inglesi, i francesi, i greci, gli albanesi, i neri. Vincevano insieme ai soldati tedeschi. Oppure soli ma vincevano sempre. Qualcuno moriva ma questo faceva parte del gioco. Perché i grandi talvolta muoiono. Qualcuno. Per poter vincere. Vincevano. In Africa, in Francia, in posti mai sentiti come l’Albania. Ma venne il tempo che il papà annunciò l’arrivo di tempi bui. C’era gente che stava andando in montagna. Gente che erano stati soldati ed ora non lo erano più. Gente tornata dalla Russia, dall’Africa, dalla Grecia e che ora andava su nelle montagne. C’erano aereoplani degli altri che sorvolavano Roma e un giorno qualcuno lasciò cadere al suolo le bombe e bisognava correre tutti al riparo nei rifugi. Qualcuno non faceva in tempo e moriva tra le macerie delle case che crollavano. Arrivarono i tedeschi ad occupare la città e i bombardamenti aumentarono ma anche senza bisognava stare attenti a girare con la bicicletta o ad andare alla ricerca di legna tra le rovine delle case. Specie di sera quando bisognava stare chiusi in casa oscurando le finestre in modo che nessuna luce potesse essere vista dall’esterno quando le sirene suonavano. E un giorno gli altri sbarcarono ad Anzio avanzando verso Roma, ma furono bloccati a Cassino e così, annunciò il papà, fu preferibile che la mamma e i figli sfollassero, raggiungessero amici e parenti nei paesi in campagna, dove gli aeroplani degli altri non arrivavano. Si pensava. Si credeva. Ci si illudeva. Ma ci si sbagliava. Venne il tempo che nessun luogo era più sicuro. La guerra era ovunque e non si capiva più chi erano i nostri e chi gli altri. C’erano quelli che erano stati soldati ed erano andati in montagna ma c’erano anche in città quelli che non erano mai stati soldati ma volevano combattere i tedeschi alleati dei nostri soldati. Ecco. Tempo di guerra visti con gli occhi di un ragazzino che con gli amici combatte la guerra con i soldatini. Tanto lo si sa, i soldati possono morire, possono morire gli adulti, cadono i soldatini. I bambini no, i bambini non possono morire, possono cadere ma subito si rialzano, per i bambini la guerra è solo un gioco. Un romanzo particolare, un punto di vista ‘altro’, da leggere d’un fiato per riflettere tanto più quando in Siria, in Libia, in Palestina, ovunque ancora oggi si combatte sono proprio i bambini e i ragazzi le prime vittime di chi si presenta armi in pugno.

Il 19 luglio 1943 avvenne il bombardamento di Roma da parte degli Americani. A farne le spese fu soprattutto il quartiere di San Lorenzo.

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.