Pieve di Montarsola, lungo la strada che porta al Passo del Brallo, una laterale alla statale 45 che da Piacenza attraversando l’Appennino sale sale per poi scendere fino al mare di Genova. D’un tratto incontri il passato remoto. La Rovere Grande.
Una pianta che rifiuta la logica della sopravvivenza limitata alla fase dello sfruttamento da parte dell’uomo. Un rifiuto che probabilmente qui, tra la poesia delle foreste e dei boschi dei monti, è possibile. Purtroppo non in pianura, dove il progresso industriale non conosce pietà per gli alberi secolari, ormai inutili.
In verità anche la rovere non è propriamente all’apice della salute: da quanti secoli svetta al centro del bosco? Tanti ed ora può a buona ragione vantare il diritto alla stanchezza. Peraltro colpita da un fulmine resta ormai in piedi solo grazie alle funi che la sorreggono tenendola immobile. Le ferite ci sono e sono ben evidenti. Eppur non cade. Resta come un santuario, un tempio che racconta (a chi sa leggere e ascoltare) di tempi lontani.
Fin dalle origini, furono i boschi i primi luoghi del culto. Nella foresta risiedevano gli dei. Scriveva Plinio il Vecchio: “Non meno che le statue divine dove splendono oro e avorio, adoriamo i boschi sacri e, in questi boschi, il silenzio”; e ancora, come recita un’antica preghiera lituana rilanciando il medesimo concetto: gli alberi sono un dono. “Non permettere che io tagli alcun albero senza una sacra necessità… Concedimi di piantare sempre alberi, perché gli Dei guardano con benevolenza coloro che piantano alberi lungo le strade, in casa, nei luoghi sacri, agli incroci…”.
In tutto il pianeta, la sacralizzazione delle foreste fu all’origine di molte civiltà. L’albero, immagine di rinascita e promessa di immortalità, fu un simbolo universale, trasversale al tempo e allo spazio. “Nel più lontano passato, molto prima che l’uomo facesse la sua comparsa sulla terra, un albero gigantesco s’innalzava fino al cielo. Fonte di ogni vita, l’albero dava riparo e nutrimento a migliaia di esseri. Tra le sue radici strisciavano i serpenti, gli uccelli si posavano sui suoi rami. Anche gli dei lo sceglievano per soggiornarvi”.