Accadeva oggi nel 1307: fra Dolcino da Novara, eretico rivoluzionario, al rogo!

Nota: immagine e notizie tratte dal sito tgvercelli.it

Sul finire del XIII secolo iniziò a diffondersi tra Vercelli e Novara l’eresia di Fra Dolcino. Nato in Prato, un piccolo villaggio tra Grignasco e Romagnano, ha avuto una vita molto movimentata. Dal vercellese si diresse verso Trento per aderire alla corrente religiosa degli Umiliati. Entrato in un convento di monache si legò a Margherita di Frank con la quale fuggì, all’incirca verso il 1303, tornando sulle montagne nei territori che dividevano la diocesi di Vercelli da quella di Novara.
Dolcino si schierò contro le cerimonie dal tono troppo sfarzoso della chiesa, contro gli eccessivi beni temporali e predicò la comunanza di beni e il matrimonio tra i sacerdoti oltre che l’umiltà e la penitenza.
Dolcino acquistò una grande schiera di seguaci e con essi entrò a Gattinara dove trovò ulteriori seguaci, pose il suo quartier generale e da lì allargò la sua influenza nei borghi tra Vercelli, Novara, Varallo e Biella.
Ovviamente i signori dell’epoca, in primis l’allora vescovo di Vercelli Rainero degli Avogadri, erano molto preoccupati dalla minaccia del frate e decisero così di coalizzarsi.
Ci fu una riunione tra il vescovo, il signore di Biandrate, i marchesi di Caluso e del Monferrato, Oberto di Marchisio di Biella e altri podestà di vari paesi. Essi decisero, come mossa iniziale, di provare la soluzione diplomatica spedendo da Dolcino una delegazione. Proposero a Dolcino di rientrare tra i ranghi della chiesa, offrendo la cittadinanza vercellese e l’intercessione presso il pontefice per scioglierlo dai voti monastici. A Dolcino fu proposto addirittura un lauto stipendio. Insomma, cercarono in qualche modo di comprarlo.
Ogni tentativo di accordo fu vano.
L’unica soluzione fu armare un piccolo esercito per contrastare l’avanzata dolciniana. Furono armati circa duemila uomini divisi in due colonne. Il primo corpo d’armata era formato da truppe novaresi e da svizzeri mentre il secondo era composto solo da vercellesi.
Dolcino, dimostrando una grande abilità tattica militare, al primo corpo oppose un certo Segherello mentre al secondo Longino Cattaneo. I luogotenenti di Dolcino non attaccarono mai frontalmente gli avversari ma li fecero stancare di continuo con simulazioni ed espedienti.
La prima spedizione contro Dolcino fu insomma una catastrofe.
Dalla Francia meridionale, a combattere Dolcino, arrivò un certo Triveto che riordinò l’esercito aumentandolo a settemila uomini.
Il frate vista l’inferiorità numerica abbandonò Gattinara arrivando fino a Grignasco dove organizzò un rinforzo al suo esercito personale di circa duecento uomini che si appostarono in un convento di Cappuccini sul monte Cucco.
Proprio in questo luogo Dolcino prese di sorpresa le forze antagoniste che furono costrette ad un’ulteriore ritirata.
Il Triveto tornato a Vercelli non si arrese e prese con se Simone di Collobiano che pur giovane di età era considerato un valido condottiero militare.
L’esercito anti Dolcino fu nuovamente aumentato come unità e riorganizzato. Dolcino considerando questa nuova concreta minaccia decise di sostare a Varallo per andare poi a Campertogno dove si ritirò.
Nel frattempo ci fu una tregua a causa delle discordie cittadine sorte a Vercelli tra guelfi e ghibellini. Approfittando della situazione politica di lotta che durò circa due anni, Dolcino uscì da Campertonio per fortificarsi sull’allora monte Rubello nel territorio di Trivero.
Finite le lotte tra guelfi e ghibellini i consoli del comune di Vercelli decisero di continuare la guerra contro Dolcino.
A comandare le truppe ci fu Avogadro di Casanova assieme alle truppe di Jacopo di Quaregna.
L’esercito salì fino al monte Rubello dove si scontrò ancora una volta con la furbizia e la ferocia delle truppe dolciniane che nel frattempo si erano riorganizzate e riarmate.
L’esito fu nefasto e lo stesso capitano Giacomo di Quaregna perse la vita in combattimento.
Dopo questa ennesima sconfitta giunse Napoleone di Sant’Andrino diacono cardinale. Esso lesse la bolla di Clemente V contro Dolcino e decise, in accordo con il vescovo di Vercelli Rainero, di prendere d’assedio il rifugio dolciniano.
Il monte Rubello fu circondato con 1200 soldati scelti che tennero Dolcino e i suoi sotto assedio per tre mesi. L’ultimo assalto a Dolcino fu dato il 23 marzo 1307 e fu quello decisivo.
Lo stesso Dolcino stava per essere ucciso quando su ordine del vescovo Rainero venne condotto con Margherita, prima a Trivero e poi a Vercelli.
Dolcino e Margherita furono entrambe condannati ad essere arsi vivi. Dolcino subì quella barbara morte sulla confluenza del fiume Cervo con il Sesia.

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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